Descrizione
Un piccolo mistero avvolge le origini della primitiva chiesa di Fossò. Il più antico documento rinvenuto che ne cita l’esistenza, risale al 2 giugno 1085: è un contratto di vendita tra Giovanni di prete Rozo, Serena Guiperga, Giovanni e Domenica a favore di Cono riguardante una masseria in loco et fundo Fossato que iacet non longe da Ecclesia Sancto Martino. Le notizie successive riguardanti il sacro edificio sono del 18 giugno 1130, quando il vescovo di Padova san Bellino, nel confermare ai canonici della cattedrale i beni avuti in dono dai suoi predecessori, dichiara: “Ego Bellinus paduanus…concedo capellam Sancti Bartholomei de Fossato”. Nell’esaminare la curiosa circostanza che cita il sacro edificio a distanza di pochi anni con due titolari diversi, (san Martino nel 1085 e san Bartolomeo nel 1130), monsignor Giuseppe Bellini, nella sua raccolta di note storiche sulla chiesa di Fossò redatta nel 1957 in occasione dell’inaugurazione della nuova chiesa, offriva come spiegazione il fatto che in origine esistessero due distinte cappelle e, per circostanze ignote, fosse stata in seguito abbandonata quella dedicata a san Martino in favore di quella di san Bartolomeo. Tra i primi rettori della chiesa di cui si ha notizia è ricordato nel 1297 “presbiter Galbertus”.
La chiesa dedicata a san Bartolomeo fu consacrata l’8 settembre 1335, come documenta una lapide in origine posta sopra la facciata, poi trasferita in sacrestia e oggi, dopo l’ultimo restauro, murata nella parte nord della navata che recita: MCCCXXXV INDICTIONE III DI MARIAE VIII SEPT. FUIT CONSECRATA ECCLESIA SAN BARTOLOMEI. Nel corso della visita pastorale avvenuta nell’ottobre del 1489 al tempo del vescovo Pietro Barozzi, sono annotate importanti notizie sull’antica chiesa così descritta: “La cappella di san Bartolomeo di Fossati (Fossò) sotto la pieve di Sarmacia (Vigonovo) è larga sei passi, lunga nove, è alta dieci piedi dove inizia il soffitto. È divisa in due parti da un muretto di laterizio alto quattro piedi. Ha tre altari, uno al centro della parete orientale e altri due nella parte delle donne. Ci sono altri due altari non consacrati e che non devono essere consacrati, uno a destra e uno a sinistra dell’altare centrale. Il soffitto è tutto di legno tappezzato con dei quadrati che lo compongono. Le pareti in parte sono bianche, in parte dipinte. Il pavimento è in cotto a spina di pesce. Il beneficio è di trentasei campi che vengono dati in affitto, si raccoglie anche il quartese relativamente a tutti i parrocchiani. C’è la fraglia (confraternita) di San Sebastiano”.
Nel corso della citata visita pastorale, il parroco di Fossò don Paolo Contarini documentava la presenza all’interno della chiesa di una tavola dipinta (andata perduta), con i santi Rocco e Sebastiano, cari alle invocazioni della popolazione contro le pestilenze. La visita pastorale del vescovo Antonio Giustiniani è la prima dopo i lavori di risistemazione della chiesa avvenuti nel 1761, come documenta l’iscrizione posta nella facciata: “Per Iddio Uno e Trino e per San Bartolomeo il tempio che era piccolo e rozzo fu ampliato e ornato con lavoro unanime dei fedeli della parrocchia nell’anno del Signore 1761”. Con il rinnovamento della chiesa, sopra il timpano furono poste le statue dei santi Bartolomeo, Lorenzo e Gaetano. Nelle nicchie della facciata, rimaste vuote fino al 1920, furono poste delle statue raffiguranti i santi Pietro e Paolo donate dal prof. Vittorio Menin di Camponogara, nipote del parroco di Fossò Fortunato Menin.
I lavori di abbellimento della chiesa coinvolsero anche la parte interna con decorazioni a stucco e con l’esecuzione dell’affresco, attribuito al pittore veneziano Giambattista Canal, raffigurante la gloria di san Bartolomeo. Con l’ampliamento del 1761, la chiesa si rivelò ancora insufficiente per le necessità della parrocchia. Negli “Annuari Diocesani”, si scopre che a partire dal 1824 la popolazione di Fossò crebbe sopra i 1000-1500 abitanti nell’Ottocento, per poi superare le 2000 unità nei primi decenni del Novecento (2050 unità nel 1910, 2550 nel 1916). Con la costruzione della nuova chiesa edificata nel secolo scorso in un terreno vicino, l’antica parrocchiale perse la sua funzione originaria e fu chiusa.
Gli altari e le statue presenti all’interno, così come l’antico organo posto sul ballatoio ligneo sopra la porta d’ingresso, gli arredi e alcuni dipinti furono trasferiti nel nuovo edificio, mentre altre opere d’arte furono vendute per affrontare i debiti contratti per la nuova parrocchiale. Dal 1957 in poi gli spazi interni dell’antica chiesa furono utilizzati per gli usi più diversi: teatro parrocchiale, magazzino, sala giochi, palestra e perfino campo da pallavolo. Fu il parroco don Piero Casello, nei primi anni Novanta del secolo scorso, a valutare l’idea di restituire all’originale splendore l’antico edificio, sotto la direzione dell’ing. Lorenzo Salmaso. Recupero che, dopo anni di lavori, ha visto la sua conclusione nel 2005.